13 marzo 2006

“BUONO SCUOLA” O… BUONA SCUOLA?


Oltre 650 euro: questa mediamente la cifra che la Regione Lombardia eroga per ogni studente delle scuole private, indipendentemente dal reddito della sua famiglia. Il tutto mentre sono stati tagliati del 21% i fondi destinati al diritto allo studio, cosicché gli studenti delle scuole pubbliche ricevono dalla regione la bellezza di 7,04 euro a testa. Riusciranno a comprarci l’astuccio?

Avete presente lo Sceriffo di Nottingham? Basta anche quello della versione disneyana della leggenda di Robin Hood: quel cattivone pieno di sé al soldo dell’usurpatore Giovanni senza terra, che nell’Europa delle Crociate aveva soffiato il trono d’Inghilterra al nobile fratello, Riccardo Cuor di Leone. Siccome la Storia ha il pessimo vizio di ripetersi, è esattamente quanto sta succedendo in Regione Lombardia con la vicenda dei buoni scuola destinati a chi frequenta gli istituti privati.
Immaginate di aver di fronte due montagne di soldi: una fa la bellezza di 42 milioni di euro, l’altra (una collinetta, in effetti) 7 milioni. La prima (i 42 milioni) è riservata all’ 8% degli studenti lombardi, la seconda (la collinetta) al 92%. Di più: metà di quell’8% che si è preso il buono scuola appartiene a famiglie che guadagnano all’anno dai 40 e 186 mila euro, e con la cifretta probabilmente si pagheranno una custodia fashion per l’Ipod nuovo. C’è qualcosa che non va, a quanto pare.
Non va che, in nome di una “libertà di scelta” qui assolutamente non in gioco, si usi denaro pubblico frutto delle tasse di tutti, soprattutto dei cittadini meno abbienti (che sono la maggioranza) per rendere più competitive realtà che, a grande maggioranza, non lo sono per nulla. Secondo recentissimi studi condotti da più università italiane (si possono leggere sul bellissimo sito di informazione www.lavoce.info) , gli studenti delle scuole private sono molto meno preparati dei colleghi delle pubbliche quando si presentano all’università. Sfido: tutti noi sappiamo benissimo che la stragrande maggioranza degli istituti privati accolgono generalmente gli studenti (di famiglie benestanti) che hanno alle spalle bocciature nel sistema pubblico, e che trovano in tanti istituti privati un comodo rifugio e parcheggio. Per carità: ci sono pure le debite eccezioni, ma, questo è il fatto, sono eccezioni.
In questi anni di “buono scuola” gli insegnanti abilitati in servizio nelle scuole private sono aumentati in quantità irrisoria e centesimale. Mentre i loro colleghi della scuola pubblica frequentano corsi pluriennali di specializzazione post laurea, gli insegnanti delle private vengono sottoposti evidentemente ad altri criteri di valutazione, “privati”, appunto. Su tali criteri, nonostante i sostanziosi contributi pubblici, né lo stato né le regioni mettono becco. Si aggiunga poi la “beffa dell’Ici”, per cui le scuole pubbliche devono pagare l’imposta sugli immobili ai comuni di appartenenza, mentre (grazie ad un recente decreto) le istituzioni private di carattere religioso ne sono esenti… Pazienza. Al limite, ci rifugeremo nella foresta di Sherwood. Se nel frattempo vi imbattete in un qualsiasi Robin Hood, fategli un fischio.